LE CINTURE, MIA SORELLA E UN GIORNO DA LEONE

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Il cantante disc jockey trash Leone di Lernia.

Oggi, 28 Febbraio, è morto Leone di Lernia. Aveva 78 anni ed era malato da tempo.
Leone era conosciuto negli anni 70-80 per aver cantato molte parodie di canzoni dance in pugliese. Un po’ trash (molto), un po’ divertente.
Negli anni 2000 aveva cambiato mestiere, diventando un disk Jockey radiofonico su 105.
Non è che fosse una bellezza, era simpatico, di lui rimane un ricordo che strappa un sorriso, ma non ha lasciato una frase o un pensiero “che colpisce”.

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Fabiano Antoniani, alias DJ FABO, alla consolle durante una serata in discoteca.

Poche ore prima, il 27 Febbraio, in Svizzera è morto un altro disk Jockey, Fabiano Antoniani, ovvero DJ Fabo.
Come vedete dalla foto era un bel ragazzo, la Natura gli aveva regalato un fisico e un appeal per nulla paragonabile a quello di Leone di Lernia. Invidiabile, avreste detto.
Però non aveva messo la cintura di sicurezza, e uno sfortunato incidente stradale lo ha reso incapace di muoversi (tranne la testa), impossibilitato a respirare senza respiratore, e immerso in un buio totale perché è diventato anche completamente cieco.
Per quasi tre anni DJ Fabo ha vissuto così. Se lo ritenete vivere.
Lui la riteneva una tortura.
In Svizzera ha potuto suicidarsi, in Italia non poteva. La legge italiana non glielo ha consentito.
È morto ieri alle 11,40, in un Paese che lo ha aiutato.
Mentre il nostro, infarcito di pietismo e potere vaticano, non ha fatto nulla, non lo ha assistito, nonostante Fabiano volesse, scegliesse, chiedesse, implorasse.
Se avesse potuto avrebbe fatto da solo, ma essere impossibilitato non è giusto che ti ponga in condizione di implorare.
Non è uno Stato civile quello che ignora la tua volontà. Non è questione di omicidio, ma di assistenza.
Eppure, qui non voglio dire la mia sull’eutanasia, soltanto raccontare i fatti.

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In Svizzera DJ Fabo non è stato ucciso, ha premuto lui stesso con i denti il bottone che ha fatto partire l’iniezione del farmaco. Ha deciso, ha scelto, gli è stato chiesto molte volte, infine ha morso lui stesso il pulsante, volontariamente. La sua preoccupazione più grande era di non riuscire a premere il bottone, per via della sua paralisi e cecità. Quando c’è riuscito ha sorriso, felice, ha continuato a chiaccherare coi suoi cari, li ha salutati, rassicurati, finché non si è addormentato.
Non voglio entrare in merito alla scelta, è indubbio che l’argomento dell’eutanasia susciti polemiche.
Voglio però sottolineare che Fabiano Antoniani è morto circondato dai suoi cari, sereno, felice che la tortura dell’immobilismo buio avesse fine.
Ai suoi amici, negli ultimi momenti, ha chiesto di promettergli di mettere sempre la cintura di sicurezza. E il punto è questo.
Insomma, a differenza di Leone di Lernia, Fabiano Antoniani ha lasciato una frase “che colpisce”.
Non riguarda l’eutanasia, riguarda chi rimane:
“Mettete sempre le cinture”.
Gliel’avessero detta prima, una frase del genere, a DJ Fabo.
La sua frase è sul titolo di Quotidiano.it, lo vedete qui sotto (hanno anche sbagliato il nome di Marco Cappato, ma si sa, ormai i Radicali non li conosce più nessuno).
Sotto a questo titolo vi racconto la mia, di frase “che colpisce”.

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Parecchi anni fa mia sorella Carola doveva andare a una festa. Aveva indossato un bel vestitino tutto stirato e inamidato, era carina e perfetta.
Mia sorella era sempre carina e perfetta.
Mi ha raccontato che montata in macchina ha pensato che se si fosse messa la cintura di sicurezza avrebbe sgualcito il vestito e non voleva.
Però mi ha anche raccontato di aver ragionato sul fatto che se avesse fatto un incidente sarebbe stato “meglio un superstite sgualcito di un cadavere stirato”.
Certe volte una frase che colpisce può cambiare la vita.
Oggi mia sorella è ancora carina e perfetta. E sempre molto saggia.
Lei ce l’ha spesso una frase “che colpisce”.
Suo fratello, che ero io, all’epoca faceva il disk jockey.
Buffa la vita.
Figuriamoci la morte.
Leone di Lernia, cantante e dj trash morto ieri a 78 anni non ha lasciato una frase “che colpisce”, ma ha lasciato questa foto qui sotto:

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Leone alla guida con la cintura di sicurezza.

Non so se Fabiano abbia avuto qualcuno che gli abbia detto una frase che colpisce, se non l’ha ascoltata, se è stato solo sfortunato, se senza incidente sarebbe arrivato anche lui a 78 anni. Se abbia mai messo in discoteca un disco trash di Leone di Lernia o se quella musica “facile ” la disprezzasse.
Non so se Leone ha mai avuto una sorella saggia o se abbia mai pensato in questi tre anni alla non-vita di quel ragazzo cieco e tetraplegico che chiedeva disperatamente sui giornali di morire.
So solo che sull’eutanasia non mi pronuncio, che ogni volta che salgo in auto, anche solo per pochi metri, io penso, sempre, che è meglio un superstite sgualcito che un cadavere stirato.
Da oggi penserò anche a Fabiano,  alla sua non-vita, alla sua frase “che colpisce” e che gli sopravvive ed è il suo testamento per chi resta.
“Mettete sempre le cinture”.
Alla fine, trash o meno, meglio un giorno da Leone che cento da Fabo.
Che riposino in pace, qualche cosa ho imparato da entrambi.

Questo Articolo è dedicato a Luca Coscioni e Piergiorgio Welby, ai radicali che li hanno ascoltati, sostenuti, aiutati, anche se farlo era scomodo e ritenuto disdicevole.

Andrea Cascioli.

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