OLTRE.

OLTRE.

Vi parlo oggi, volentieri, di un genio scomodo.
Sapeva capire, raccontare, e a volte era volutamente esagerato.
Era uno scrittore formidabile, scriveva i suoi romanzi e le sue sceneggiature con il cuore e con la mente, fervida.
Fervidamente.
Fervida mente.
Io non so quale fosse la sua determinazione, che cosa gli permettesse di credere in quello che faceva o in quello che diceva, specialmente all’inizio della sua carriera, quando era quasi uno sconosciuto e scriveva cose surreali, profondamente avanti rispetto ai suoi tempi.
No, davvero non so come potesse sperare di essere capito in un’Italia in cui i romanzi si scrivevano con lo stile di Liala e i personaggi graditi erano quelli interpretati da Amedeo Nazzari o da Vittorio De Sica.
Invece lui, che era “oltre”, ha inventato roba tipo Kranz.Paolo Villaggio era un genio scomodo.
Denunciava un Sistema e i personaggi che ne facevano parte, ma riusciva a renderli attraenti, non potevi sfuggire al suo messaggio, anche se scomodo; ti obbligava a renderti conto del Sistema di cui facevi parte, mentre t’illudevi di esserne estraneo.
Al netto di Kranz, di Fracchia, di quell’altro che non voglio nemmeno citare per rispetto, era uno scrittore fantastico, un pensatore affascinante, un filosofo, un Autore e un attore capace di raccontare certe caratteristiche umane che prima di lui erano inesplorate.
Perfino paroliere.
Una canzone famosa di Fabrizio De André, “Carlo Martello”, l’aveva scritta proprio Villaggio, che in 4 minuti di canzone riusciva a raccontare il Sovrano, le sue presunte gesta e anche il reale (e Reale) squallore poco epico oltre la facciata e dietro “l’armatura del sire vincitor”.
E in quel linguaggio roboante e quasi propagandistico qualche riferimento al Ventennio, perfino, io ce l’ho scorto.
Paolo Villaggio era “oltre”.
Cuciva storie su personaggi improbabili per raccontare verità intime e nascoste.
E no, non parlerò del Ragioniere.
Non ne citerò nemmeno il nome, parlerò solo di Villaggio, gli risparmio la sovrapposizione che l’ha invalidato per buona parte della sua vita.
Almeno qui, non leggerete che è morto il Ragioniere.
È andato via Paolo, un uomo che ha avuto grandi gioie e grandi dolori, che ha percorso in modo contraddittorio 84 anni di vita intensa.
Di lui ricorderò le interviste: era evidente lo spessore intellettuale, altro che comico, altro che attore. Sociologicamente, antropologicamente, era “oltre”.
Era un genio, Paolo Villaggio.
Talmente grande da accettare che il proprio nome potesse essere confuso con quello dei suoi personaggi, il Ragioniere in testa.
Profondo, intellettualmente avanti, sofferente nell’anima ma sobrio nel porgersi.
Oggi non c’è modo di ispirarsi a lui senza venire scoperti: “Ecco, stai facendo Villaggio!”
Non c’è maniera di fare un verso gutturale, strozzato e afono, senza che ti scoprano: “Stai imitando il Ragioniere!”
Se accenni un camminare goffo, con le spalle un po’ ingobbite, sei Villaggio.
Se scimmiotti un impeto aggressivo con voce stentorea per poi pentirti e diventare immediatamente mite e suddito dei potenti, sei Villaggio.
Se usi paragoni esageratamente surreali, come l’alito “Fogna di Calcutta”, una temperatura di “800 gradi Fahrenheit”, oppure “92 minuti di applausi”, o il “Mega Direttore Galattico”, sei Villaggio.
Quel linguaggio esagerato e i significati dei suoi libri sono stati sconvolgenti, taglienti, spiazzanti, preponderanti, invasivi.
Irresistibili. Impossibile non farli propri.
Successivamente travolto dal successo cinematografico che ne è scaturito, si era spesso sentito chiedere “Ma i libri chi te li ha scritti?”, come se fossero stati scritti dopo, e non prima, quando era giovane e sconosciuto.
Accettava questo con un sorriso amaro, Paolo Villaggio, conscio che facesse parte di un pacchetto legato alla fama e della piccolezza e mediocrità umana che proprio lui ha saputo raccontare così bene.
Lui che mediocre non era proprio, e che da sempre era un passo “oltre”.
Oggi, 3 Luglio 2017, Paolo è ancora una volta “oltre”, stavolta per sempre, ben oltre.
Adesso diranno di tutto, pubblicheranno coccodrilli e passeranno film in TV.
Parleranno dei suoi personaggi, punteranno i riflettori sul Ragioniere, ma qui, sul mio blog, c’è posto solo per Paolo, un genio profondo e consapevole che oggi è passato fisicamente “oltre”, che in fondo è quello che ha sempre fatto, intellettualmente, illuminando chi si imbatteva nel suo pensiero e nel suo stile.

Disegno di Milo Manara

Paolo Villaggio è stato un pilastro del pensiero antropologico. Tutto il resto, le canzoni, il cabaret, i romanzi, la televisione, il cinema, i personaggi che ha inventato, Filini, la signorina Silvani, il capufficio di Fracchia, Kranz, il Signor Robinson, perfino il Ragioniere e la sua famiglia, sono stati solamente accessori.
“Pina, tu mi ami?”
“Ti stimo moltissimo.”
Ecco, è tutto qui.
Cerchiamo tutti amore, e tutti a volte non sappiamo trovare parole adatte.
Paolo Villaggio si.
Era un filosofo, un Autore completo. Non faceva solo ridere o piangere.
Faceva pensare.
“Oltre” c’è sempre stato, tutta la vita.
E oltre.

Andrea Cascioli.

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